Nella mattinata di martedì 11 marzo la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il fissare un periodo di dieci anni per la prescrizione della richiesta di danni al datore di lavoro da parte di un dipendente viola i diritti di quest’ultimo, soprattutto quando la richiesta riguarda malattie come quelle generate dall’esposizione all’amianto che non possono che essere diagnosticate molti anni dopo la contaminazione.
La Svizzera è stata così condannata dalla Corte di Strasburgo per non aver consentito a un uomo che ha sviluppato un tumore a causa dell’esposizione all’amianto di fare causa al suo datore di lavoro. Secondo i giudici, le autorità elvetiche hanno violato il diritto all’accesso a un tribunale applicando in modo rigido il periodo di prescrizione di dieci anni al caso di un uomo che è stato esposto all’amianto sul luogo di lavoro dal 1965 fino al 1978, ma che non ha sviluppato i sintomi della malattia fino al 2004. I giudici di Strasburgo sottolineano che, essendo il periodo di latenza di certe malattie anche di diversi decenni, fissare la prescrizione in dieci anni dal momento dell’ultima contaminazione significa, di fatto, impedire a molti lavoratori di richiedere i danni. Secondo i giudici, invece, nel calcolo della prescrizione si deve tenere conto della presenza di prove scientifiche che dimostrino che la persona malata non poteva sapere di essere affetta da una certa patologia prima di un dato momento.