Si sono concluse le indagini, durate quattro anni, portate avanti dalla Procura di Ravenna sul decesso di almeno 30 lavoratori del petrolchimico Anic (poi EniChem) della città. Tra le 50 persone sotto inchiesta per omicidio colposo plurimo i vertici dell’azienda di proprietà dell’Eni, che tra il 1956, anno di insediamento dell’azienda e il 1992, quando l’amianto è stato messo fuorilegge, diressero lo stabilimento ravennate. Il lavoro della procura era partito nel 2009 quando un rapporto INAIL aveva segnalato come, a causa delle fibre di eternit, si potevano contare nel capoluogo romagnolo almeno 160 casi di decessi. I magistrati durante una indagine molto estesa hanno sentito un centinaio di persone informate sui fatti. Alla fine, dei 156 decessi segnalati dall’INAIL nel suo rapporto, la pubblica accusa chiederà probabilmente il processo solo per trenta morti. Scartati i casi in cui dove non c’era una evidenza di correlazione certa tra la morte e l’esposizione ad amianto. Di questi trenta inoltre, diversi casi sono già andati in prescrizione, che per l’omicidio colposo è di 12 anni. L’amianto a Ravenna coibentava molti dei macchinari che gli operai utilizzavano durante le loro giornate di lavoro. I manutentori in particolare erano i più esposti.